Giustizia Umana e Giustizia di Dio
Testo del Vangelo:
B. Pascal diceva che gli uomini mai compiono il male così gioiosamente e allegramente come quando lo fanno per motivazioni religiose.
Infatti, uccidere questa donna non avrebbe provocato per nessuno dei suoi giustizieri un rimorso di coscienza, anzi, ne sarebbero stati fieri, perché la loro condotta avrebbe glorificato Dio. Cioè avrebbero ucciso una peccatrice per estirpare il peccato da mezzo a loro; poiché cosi è scritto nella Sua legge: «se una donna commette adulterio sarà lapidata, perché svanisca il peccato da mezzo a voi» (Cf. Lv 20).
Cari fratelli: Non possiamo non riflettere, leggendo questo testo, sulla realtà di sofferenza dei cristiani perseguitati oggi, particolarmente in tante nazioni d’Oriente. Una donna come questa del vangelo, ci si presenta proprio oggi in carne viva nella figura di Asia Bibi. Ambedue donne, ambedue giudicate secondo ciò che sarebbe il volere, la giustizia di Dio o di Allah. Asia Bibi aspetta nel Pakistan l’esecuzione. Il suo delitto: offendere Allah o il suo profeta, per cui secondo la legge della sharia, che comanda di uccidere chi bestemmia contro Maometto, essa deve morire.
Però Asia Bibi purtroppo non è l’unica. Lei è divenuta il simbolo. Ma l’International Bulletin of Missionary Research nella sua relazione di quest’anno sullo status globale della missione, stima che in media vi siano stati 270 nuovi martiri cristiani ogni 24 ore negli ultimi 10 anni. Ciò vuol dire che tra il 2000 e il 2010 sono stati martirizzati intorno ad un milione di cristiani. Si tratta di una realtà sconvolgente. Ed è qualcosa quasi incredibile che ci sia nel nostro secolo.
Ma dobbiamo stare attenti: Facilmente potremmo pensare e concludere che il problema di tutto ciò risieda nel corano o in Maometto o nei suoi particolari comandamenti. Invece ricordiamoci che molto tempo fa anche noi cristiani non avevamo dubbi nel condannare o bruciare al rogo i blasfemi, gli eretici, e tutti quelli che non si attenevano alla nostra legge, alla nostra interpretazione della giustizia divina.
Quindi, qual’è l’origine di questo problema? Forse sia Dio o Allah che non è giusto e comanda o permette agli uomini compiere l’ingiustizia, perfino nel suo nome? Come possiamo noi discernere l’autentico volere e la vera giustizia di Dio?
Il beato Giovanni Paolo II, in proposito, commentando questo brano del vangelo diceva: «Il fatto del Vangelo odierno non ci induce forse a paragonare queste due "giustizie"? La giustizia umana e quella di Dio? Non vediamo come la giustizia umana è limitata? Come talvolta il "summum ius" può facilmente dimostrarsi "summa iniuria"?» (Juan Pablo II, Insegnamenti 1989).
Sfortunatamente la tentazione di considerarci giudici degli altri davanti a Dio e peggio ancora in nome di Dio ci sta sempre dinanzi. Che possiamo dire allora? Quale sarebbe l’atteggiamento giusto davanti a questi fatti di ingiustizia così spregevoli verso i nostri fratelli nella fede? Li condanniamo? Bastano dunque le parole? O cosa possiamo fare, quale reazione e più conveniente? Ci sdegniamo? Oppure li sottovalutiamo e restiamo indifferenti lasciando passare , lasciando correre.
È chiaro intanto che il problema non è Mosè nè la sua legge, non è Maometto nè il suo Corano, nè tantomeno Gesù o il suo vangelo. Il problema siamo sempre noi, uomini ciechi, sia che seguiamo Mosè, Maometto o Gesù. Perché sempre vogliamo giudicare tutto e tutti in nome di Dio, ma non si tratta più che della pericolosa pretesa di divinizzare la nostra giustizia umana.
Cari amici: Davanti a Gesù fu portata questa donna con l’obbiettivo di metterlo alla prova e testare il suo modo di far giustizia. È Gesù ci indica un modo assai nuovo di farla. Il suo gesto di scrivere per terra, dimostra che lui ci conosce e ci capisce. Sa di che cosa siamo fatti, sa bene che la sua legge è stata scritta sulla polvere. Perció il suo verdetto è: «chi è senza peccato scagli per primo la pietra». O, per dirla parafrasando un’altra sentenza evangelica: «togliete prima la trave dai vostri occhi e poi ci vedrete bene per togliere la pagliuzza dall'occhio di questa donna» (Cf. Mt. 7,5). Quindi «il figlio dell’uomo non è venuto per condannare». E se Dio, Gesù, non ci condanna: Quale uomo può allora condannarci? E noi, chi siamo per condannare gli altri?
Come cristiani, cioè unti, noi dobbiamo essere altri Cristo, e a maggior ragione se sacerdoti, amministratori della misericordia di Dio nel confessionale. Siamo chiamati dunque a capire come Gesù la debolezza di tutti gli uomini per risollevarli dal peccato, coscienti che la legge divina è stata scritta su una carne che Dio ha sollevato dalla polvere, una carne perciò debole e tante volte piena di sporcizia, ma innanzitutto amata da Dio in modo folle.
Noi non ci possiamo permettere un’atteggiamento come quello dei farisei del vangelo o delle fazioni fanatiche musulmane d’oggi. Anzi, così come «Cristo morì per gli empi», noi dovremmo essere pronti a donare la nostra vita, non solo per gli amici, ma persino per i propri nemici: il cristiano non vince il nemico uccidendolo, ma lasciandosi uccidere da lui, pronunciando le parole del suo Signore: «perdonali o Padre, perché non sanno quello che fanno», e così siano pure loro salvati. Come scrive Paolo ai Romani: Anche se solo a stento, qualcuno è disposto a morire per un giusto o per una persona buona, Dio ci dimostra il suo amore nel fatto che mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Cf. Romani, 5, 6-8).
Qualcuno infatti diceva che non poteva credere in nessuna religione. Non riusciva a capire come i loro adetti potessimo gioire ed essere tranquilli, dicendosi salvati, guardando intorno altri invece secondo loro condannati. Ma no. Questo non è essere cristiano. Noi siamo messaggeri di salvezza e mai di codanna o non siamo veramente cristiani! Gli uomini si sentono condannati e perció oggi più che mai, hanno bisogno di questo messaggio.
Il martirio non ci può scoraggiare. Andiamo avanti anche incontro a questo senza paura, confortati in Cristo che ha vinto il mondo. Disposti a subire l’ingiustizia prima che provocarla.
Fratelli: Forse non ci siamo ancora accorti, ma il cammino della Chiesa di tutti i tempi non è e non può essere diverso a quello del suo Maestro e dei suoi primi discepoli. Anche Gesù è morto come un bestemmiatore, condannato dalla religione istituita, rendendo testimonianza, cioè Martyria della verità. E pure oggi noi, Chiesa di Dio, prendiamo il posto della donna peccatrice ogni volta che siamo giudicati dal mondo. Questo mondo accusatore che non dubita nello scagliare contro di noi ogni tipo di schiaffi, che non ha riguardo nello scoprire la nostra nudità, le nostre debolezze e i nostri peccati. Ma come è successo all’adultera anche noi possiamo sentirci dire oggi da Gesù: “Chiesa mia, ti ho difesa dalla lapidazione, ti ho liberata dalla morte inevitabile. Ma non ti ho liberata dalla voce della tua coscienza, dal comando Divino che è dentro di te. Perciò, anche se il mondo ti vuole condannare, io non ti condanno. Và in pace! E d'ora in poi non peccare più”.
Belisario Ciro Montoya
Cappella del Collegio Maria Mater Ecclesiae
Adorazione Eucaristica 26 Maggio 2011