Sobre este Blog

He decidido finalmente hacer públicos mis Apuntes de Misión. Son experiencias de vida que me han marcado y que intento presentar resumidamente para hacer más ágil y amena su lectura.


SOBRE EL AUTOR
El presbítero Belisario Ciro Montoya, pertenece a la Diócesis de Sonsón Rionegro en Colombia y, asociado al PIME (Pontificio instituto de misiones extranjeras), desempeña su ministerio en Bangladesh. Ordenado diácono el 24 de junio del 2011, es sacerdote desde el 29 de octubre del mismo año.

Senza la fede non si capisce


Andare in missione ad gentes, lasciando tutto: famiglia, amici, progetti, comodità, sicurezze, etc., è risultato per tanti dei miei cari un motivo di scandalo. Non lo si è capito proprio. E devo dire che, almeno in principio, non riuscivo a comprendere neanch’io le ragioni che c’erano dietro all’opposizione e alle critiche sollevate da tanti che, volendo il mio bene o non, si sono mostrati contrari alla mia intenzione di venire a lavorare con il PIME in Bangladesh.  Ma perché appare così strano che uno come me abbia la voglia di andare ai confini, alle periferie del mondo, non solo esistenziali ma anche geografiche, per evangelizzare? Come mai questa volontà di andare in missione non è vista come normale ma come una eccezione?
Io ho accolto veramente con gioia la notizia che il mio vescovo, informato sulla mia disponibilità a partire in missione, abbia espresso la sua soddisfazione. Dunque è stato per me un grande motivo di felicità perché da molto tempo desideravo fare un’esperienza simile a quella dei primi cristiani: vivere e lavorare tra e per quelli a cui non è arrivato ancora il messaggio del vangelo oppure lo hanno rigettato; potere essere testimone del vangelo in una società dove siamo minoranza; camminare verso gli altri in tutti i sensi che questa parola può avere; cercare i più lontani...
Tanti però, a cominciare dai miei più cari parenti ed amici, nell’apprendere questa notizia sono rimasti invece stupiti, meravigliati e forse scandalizzati. Non sono riusciti subito ad assimilare come fosse possibile che volessi andare così lontano. So, e ne sono certo, che dietro questi  pensieri non c’è niente di cattivo , ma non posso non chiedermi perché diventa così difficile capire, accettare e incoraggiare questa scelta.
Non posso qui addentrarmi nei dettagli, perciò subito vado al nocciolo della questione che, secondo me, sta alla radice di questo atteggiamento: ci manca la fede. Fede, si, come quella dei primi missionari cristiani e  come quella di tanti altri che allo stesso modo lungo i secoli si sono imbattuti contro ogni avversità e pericolo per portare a tutti la buona novella di Gesù di Nazareth; non hanno risparmiato niente per loro e rinunciando a tutto (beni, comodità, sicurezze, etc.) e a tutti (famiglia, amici, coppia, etc.) per poter, liberi nello spirito, si sono fatti tutto a tutti per raggiungere il maggior numero possibile per Cristo. Essi sono andati e girano ancora oggi dove lo Spirito li spinge per rendere tutti partecipi della gioia di credere nel Dio rivelato da Gesù.
Penso pertanto che questo sia il problema, questo il nucleo dell’assunto: ci manca una fede tale da costringerci a uscire dalle nostre frontiere esistenziali e geografiche alla ricerca dell’altro. Perciò vorrei ribadire con tutto il mio cuore ciò che sottostà alla mia scelta: voglio comunicare ad altri, specialmente i più lontani, il tesoro che ho trovato in Gesù. Desidero dialogare con loro, mostrare e guardare anche in loro il volto di Gesù. Non ho nessun’altra ambizione. Non so se qualcuno si farà cristiano;  mi auguro che saranno migliori e che io stesso diventi più buono, più ricco di umanità.
Termino con un aneddoto. Poco tempo fa, al telefono mia madre mi riferiva molto impressionata ciò che una nostra cara amica diceva: “Tuo figlio è diventato pazzo, come mai ha fatto questo ed è partito così lontano?”. “Ha ragione lei - ho detto a mia mamma - ma non ti meravigliare. È stato e sempre sarà così. Queste cose non le capiscono tutti. Davanti al mondo, ai senza fede, a coloro che considerano e giudicano l’esistenza come una carriera verso il potere, la fama o la ricchezza, una cosa del genere non la si può concepire”. Umanamente questa è una pazzia, perché considerato senza la fede non ha proprio senso. Senza fede il celibato, la dedizione a tempo pieno agli altri, la consacrazione delle proprie forze per servire Dio e i fratelli non ha significato. È qualcosa di folle, di vuoto. Ma così opera Dio tramite una logica diversa dalla nostra. Una logica, questa, che solo si può intravedere e accettare attraverso la fede in Colui che essendo Dio si è abbassato alla condizione di schiavo e di servo per farci fratelli e figli tutti dell’unico Dio.

Pbro. Belisario Ciro Montoya

PIME Settembre 2013
Publicado en la Revista InfoPime